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[ita] L’hate speech, è un fenomeno complesso che interessa molti settori della società e si diffonde anche attraverso i social network, raggiungendo molte persone grazie alla sua viralità. L’odio online, infatti, si trasmette rapidamente attraverso qualsiasi canale. È la stessa architettura di Internet e dei social network che funziona come una sorta di cassa di risonanza, facendo rimbalzare il commento o il messaggio di hate speech da un canale all’altro (Ziccardi, 2016).
Negli ultimi anni la crisi migratoria ha determinato una crescita dell’hate speech in Europa che è diventato attualmente una delle più comuni forme di intolleranza e xenofobia. Intolleranza che però colpisce diversi gruppi sociali per i motivi più variegati, non limitandosi a gruppi discriminati (Matsuda, 1989), ma estendendosi anche a individui perché percepiti come appartenenti a quelle categorie o perché etichettati secondo alcune particolarità fisiche o caratteriali.
I giovani sono particolarmente esposti ai rischi derivati dall’hate speech online sia perché mancano delle strutture cognitive per comprendere la natura degli stereotipi e pregiudizi alla base dei discorsi d’odio e le conseguenze che possono causare, sia perché sono sempre connessi attraverso diversi dispositivi elettronici. Inoltre l’età di bambine e bambini che possiedono uno smartphone e hanno accesso ai social network si è progressivamente abbassata negli ultimi anni.
Il fenomeno è diventato talmente problematico che quest’anno, 2024, l’UNESCO ha dedicato la Giornata Internazionale dell’Educazione al contrasto del discorso d’odio online, esortando i 194 Stati membri a dare priorità all’istruzione come strumento per promuovere società che valorizzino la dignità umana e la pace.
Per questo motivo è necessario trovare dispositivi educativi che aiutino bambini e adolescenti a riflettere sui danni creati dall’hate speech e che costituiscano un valido strumento di riflessione critica per decostruire gli stereotipi e i pregiudizi che strutturano i discorsi d’odio. Alcuni studiosi come Cohen-Almagor (2014) propongono una educazione continua alla cittadinanza digitale dai primi anni scolastici per sviluppare il pensiero critico. Tuttavia la sola educazione al pensiero critico potrebbe non essere sufficiente per comprendere in profondità i danni causati dai discorsi d’odio. È necessario che siano messi in essere percorsi educativi finalizzati anche allo sviluppo del pensiero empatico che consenta di sviluppare le capacità di “sentire l’altro” (Santerini, 2019).
Il lavoro qui presentato ha avuto lo scopo di esplorare la potenziale efficacia di un peculiare tipo di intervento educativo che va al di là dell’educazione al pensiero critico poiché coltiva al contempo il pensiero critico, creativo e caring, attraverso la costituzione di comunità di indagine filosofica costituite da bambini e ragazzi di tutte le età. Si tratta del curricolo della Philosophy for Children (P4C), un progetto educativo ideato da Mattew Lipman e Ann Margaret Sharp durante la metà degli anni ’70. Attualmente diffuso in tutto il mondo e sostenuto dalla Division of Philosophy dell’UNESCO sin dalla fine degli anni ’90, il progetto propone la pratica della ricerca filosofica come indagine conoscitiva nei vari campi dell’esperienza umana. La finalità didattico-pedagogica è quella di incrementare le capacità cognitive complesse, le abilità linguistico-espressive e la maturazione della sfera affettivo-emotiva, socio-relazionale e valoriale. L’obiettivo della ricerca è stato quello di sottoporre a verifica l’ipotesi pedagogica che un approccio educativo basato sulla riflessone e l’indagine filosofica (intesa come peculiare forma di pensiero critico) potesse risultare comparativamente più efficace di altri tipi di approcci.
La prima parte del lavoro è dedicata a un’analisi di scenario -che ha analizzato il fenomeno da vari punti di vista considerandone i diversi aspetti inquadrati in una cornice internazionale e storica- e allo
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stato dell’arte relativo sia alla letteratura interpretativa del fenomeno che alle prospettive pedagogiche finalizzate a interventi di prevenzione e contrasto all’hate speech.
Il primo capitolo ha esaminato come i discorsi diffusi nella rete di Internet e nei più attuali social network abbiano subito una graduale trasformazione verso contenuti e comportamenti basati sulla polarizzazione e l’intolleranza.
Il secondo capitolo tratta dell’origine del termine hate speech e di come nel corso degli anni si sia cercato di arginare il fenomeno ricorrendo a diversi espedienti legali. In questa parte sono esaminati anche i tentativi di trovare una definizione univoca del fenomeno che, per il momento, è stata racchiusa nella Raccomandazione di politica generale n. 15, del 2016 della Commissione Europea Contro il Razzismo e l’Intolleranza del Consiglio d’Europa (ECRI, 2016), in cui l’enfasi è posta sul concetto di incitamento all’odio.
Il terzo capitolo prende in analisi la formazione degli stereotipi e pregiudizi come naturali fenomeni di categorizzazione cognitiva secondo la linea interpretativa di Walter Lippmann, Gordon Allport e della Teoria dell’Identità Sociale e come la sclerotizzazione di tali categorie, se non allenate da uno sguardo critico, possano sfociare in gravi conseguenze caratterizzate da una escalation di odio che dai semplici discorsi d’intolleranza può arrivare fino al genocidio (Allport, 1954). Il capitolo inoltre descrive le differenze tra odio offline e online e quali sono gli elementi online che contribuiscono a rinforzare stereotipi e pregiudizi.
Il quarto capitolo analizza le conseguenze dell’odio online sugli adolescenti e le teorie pedagogiche che invocano interventi educativi finalizzati alla netcitizenship attraverso lo sviluppo del pensiero critico. In seguito sono esaminate alcune ricerche e azioni educative implementate in Italia e in Europa con l’intento di arginare il fenomeno tra gli adolescenti.
Il quinto capitolo si focalizza sulla pratica della philosophical inquiry secondo il modello della Philosophy for Children, analizzandone le matrici epistemiche e le potenzialità come dispositivo educativo finalizzato alla decostruzione di stereotipi e pregiudizi, allo sviluppo delle abilità immaginative e caring come azioni pedagogiche valide per il contrasto all’hate speech.
La seconda parte dell’elaborato è invece dedicata alla presentazione del progetto di ricerca, ai modelli teorici ed epistemologici, nonché all’impostazione metodologica che hanno orientato lo studio esplorativo e la ricerca intervento.
In dettaglio, il sesto capitolo descrive la prima fase esplorativo-descrittiva della ricerca che è stata realizzata attraverso la somministrazione e l’analisi di un questionario esplorativo, quali-quantitativo costruito ad hoc, che è servito a indagare a livello nazionale in quale misura gli adolescenti italiani sono testimoni di discorsi di odio online, quali sono gli stereotipi e i pregiudizi alla base di tali messaggi e quali sono i target maggiormente colpiti.
Il settimo capitolo esplora il modello teorico e metodologico che ha supportato la ricerca-intervento portata aventi nella seconda fase. Qui sono analizzati i costrutti teorici e metodologici della Ricerca-Azione (Lewin, 1946; Creswell, 2012; Sorzio, 2019; Kemmis & McTaggart, 2005; Reasons & Breadbury, 2008; Orefice, 2006a; Baldacci, 2014).
L’ottavo capitolo, invece, è interamente dedicato alla presentazione della matrice teorica che ha caratterizzato la terza fase della ricerca, quella in cui si sono analizzati i dialoghi degli adolescenti nelle classi durante la ricerca-intervento. Sono ivi descritti i costrutti relativi alla reasonableness e al caring secondo la prospettiva di Matthew Lipman e Ann Margaret Sharp (Lipman, 2005; Sharp, 2004; 2014; Lipman, Sharp & Oscanyan, 1977) e quelli relativi all’analisi critica del discorso secondo la prospettiva ideologica di Teun van Dijk (1997a; 1997b; 2009; 2015), che hanno costituito la base metodologica per l’analisi dei dialoghi di philosophical inquiry.
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Il nono e ultimo capitolo è interamente dedicato all’analisi dei dati qualitativi raccolti durante la seconda fase della ricerca che ha riguardato l’intervento nelle tre classi della scuola secondaria di primo grado di Napoli Don Giustino Russolillo. Sono qui descritti e analizzati gli strumenti di valutazione (questionari somministrati nelle tre classi a inizio e fine delle attività proposte, focus group tenuto in itinere con le sole classi sottoposte all’intervento educativo della philosophical inquiry) e sono riportate le analisi dei vari estratti dei dialoghi tenuti con le classi. L’obiettivo è stato quello di sottoporre a verifica l’ipotesi pedagogica che un approccio educativo basato sulla riflessone e l’indagine filosofica (intesa come peculiare forma di pensiero critico) possa risultare comparativamente più efficace di altri tipi di approcci per contrastare l’hate speech e che il percorso di philosophical inquiry, sul modello della Philosophy for Children avrebbe potuto apportare benefici aggiuntivi alla riflessione sullo hate speech anche in termini di miglioramento nelle abilità argomentative e di ragionamento dei ragazzi e ragazze in questione.
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